venerdì, 16 giugno 2023
AMBASSADOR’S WAY: ALESSIO ACQUAVIVA
Alessio Acquaviva, come è nata la sua passione per la pizza e gli sfarinati?
Sono nato in Montenegro ma i primi anni della mia vita li ho vissuti a Trani. Sotto casa mia c’era un panificio con il laboratorio a vista sul lungomare. Mi affascinava molto, e insistetti a lungo con mia madre pregandola di farmici entrare perché volevo vedere come facevano pane e focacce. Poi io sono ucraino da parte di madre, e fin da piccolo ero molto colpito dal pane che si faceva in Ucraina. Spesso andavo a trovare i miei nonni e col tempo ho imparato quanta ricchezza esprime il pane da quelle parti, con l’utilizzo di semole di vario tipo e soprattutto di segale. La passione per gli sfarinati nasce così.
I suoi nonni sono ancora in Ucraina?
Sì, sono ancora là nonostante il conflitto in corso. Loro sono russi, ma si sono trasferiti in Ucraina quarant’anni fa. Sono un esempio di quanto intrecciate siano le vite delle persone e le storie delle nazioni attualmente in guerra. Ciò dà la misura del dramma a cui stiamo assistendo.
E invece la sua passione per la pizza quando è nata?
A Bari, quando ho iniziato a lavorare in pizzeria come fattorino. Ai tempi avevo 15 anni e frequentavo l’alberghiero. Ma la prima volta che ho messo le mani in pasta era il 2014, avevo 17 anni. Da lì sono poi cresciuto molto.
Sono nato in Montenegro ma i primi anni della mia vita li ho vissuti a Trani. Sotto casa mia c’era un panificio con il laboratorio a vista sul lungomare. Mi affascinava molto, e insistetti a lungo con mia madre pregandola di farmici entrare perché volevo vedere come facevano pane e focacce. Poi io sono ucraino da parte di madre, e fin da piccolo ero molto colpito dal pane che si faceva in Ucraina. Spesso andavo a trovare i miei nonni e col tempo ho imparato quanta ricchezza esprime il pane da quelle parti, con l’utilizzo di semole di vario tipo e soprattutto di segale. La passione per gli sfarinati nasce così.
I suoi nonni sono ancora in Ucraina?
Sì, sono ancora là nonostante il conflitto in corso. Loro sono russi, ma si sono trasferiti in Ucraina quarant’anni fa. Sono un esempio di quanto intrecciate siano le vite delle persone e le storie delle nazioni attualmente in guerra. Ciò dà la misura del dramma a cui stiamo assistendo.
E invece la sua passione per la pizza quando è nata?
A Bari, quando ho iniziato a lavorare in pizzeria come fattorino. Ai tempi avevo 15 anni e frequentavo l’alberghiero. Ma la prima volta che ho messo le mani in pasta era il 2014, avevo 17 anni. Da lì sono poi cresciuto molto.
Alessio Acquaviva, come è nata la sua passione per la pizza e gli sfarinati?
Sono nato in Montenegro ma i primi anni della mia vita li ho vissuti a Trani. Sotto casa mia c’era un panificio con il laboratorio a vista sul lungomare. Mi affascinava molto, e insistetti a lungo con mia madre pregandola di farmici entrare perché volevo vedere come facevano pane e focacce. Poi io sono ucraino da parte di madre, e fin da piccolo ero molto colpito dal pane che si faceva in Ucraina. Spesso andavo a trovare i miei nonni e col tempo ho imparato quanta ricchezza esprime il pane da quelle parti, con l’utilizzo di semole di vario tipo e soprattutto di segale. La passione per gli sfarinati nasce così.
I suoi nonni sono ancora in Ucraina?
Sì, sono ancora là nonostante il conflitto in corso. Loro sono russi, ma si sono trasferiti in Ucraina quarant’anni fa. Sono un esempio di quanto intrecciate siano le vite delle persone e le storie delle nazioni attualmente in guerra. Ciò dà la misura del dramma a cui stiamo assistendo.
E invece la sua passione per la pizza quando è nata?
A Bari, quando ho iniziato a lavorare in pizzeria come fattorino. Ai tempi avevo 15 anni e frequentavo l’alberghiero. Ma la prima volta che ho messo le mani in pasta era il 2014, avevo 17 anni. Da lì sono poi cresciuto molto.
Sono nato in Montenegro ma i primi anni della mia vita li ho vissuti a Trani. Sotto casa mia c’era un panificio con il laboratorio a vista sul lungomare. Mi affascinava molto, e insistetti a lungo con mia madre pregandola di farmici entrare perché volevo vedere come facevano pane e focacce. Poi io sono ucraino da parte di madre, e fin da piccolo ero molto colpito dal pane che si faceva in Ucraina. Spesso andavo a trovare i miei nonni e col tempo ho imparato quanta ricchezza esprime il pane da quelle parti, con l’utilizzo di semole di vario tipo e soprattutto di segale. La passione per gli sfarinati nasce così.
I suoi nonni sono ancora in Ucraina?
Sì, sono ancora là nonostante il conflitto in corso. Loro sono russi, ma si sono trasferiti in Ucraina quarant’anni fa. Sono un esempio di quanto intrecciate siano le vite delle persone e le storie delle nazioni attualmente in guerra. Ciò dà la misura del dramma a cui stiamo assistendo.
E invece la sua passione per la pizza quando è nata?
A Bari, quando ho iniziato a lavorare in pizzeria come fattorino. Ai tempi avevo 15 anni e frequentavo l’alberghiero. Ma la prima volta che ho messo le mani in pasta era il 2014, avevo 17 anni. Da lì sono poi cresciuto molto.
La voglia di migliorare come pizzaiolo è poi arrivata frequentando una fiera, il Tuttopizza di Napoli, è vero?
Sì, le fiere sono fondamentali, non solo per i buyer e le aziende, ma anche per i professionisti, che hanno modo di confrontarsi e aprire i propri orizzonti imparando dagli altri.
Come è arrivato, invece, a lavorare negli USA?
È una storia curiosa, perché sono approdato a San Francisco, in California, nel 2019, dopo aver stretto legami online in un gruppo di pizzaioli, prevalentemente napoletani.
Come è stato il primo impatto con gli Stati Uniti?
Ero molto giovane, ma mi sono trovato subito bene. Il problema però è che presto è arrivato il Covid. Vedevo morire tanti conoscenti, il ristorante in cui lavoravo era chiuso, San Francisco è una città molto costosa… Alla fine, la scelta di tornare in Italia fu quasi obbligata. Al rientro In Puglia, poi, ho conosciuto Vincenzo Florio e ho iniziato a lavorare con lui. Ho imparato molto da Vincenzo, sia sull’utilizzo delle farine che sulla scelta di topping gourmet. Ho anche capito il ruolo fondamentale che ha il molino per un pizzaiolo.
Sì, le fiere sono fondamentali, non solo per i buyer e le aziende, ma anche per i professionisti, che hanno modo di confrontarsi e aprire i propri orizzonti imparando dagli altri.
Come è arrivato, invece, a lavorare negli USA?
È una storia curiosa, perché sono approdato a San Francisco, in California, nel 2019, dopo aver stretto legami online in un gruppo di pizzaioli, prevalentemente napoletani.
Come è stato il primo impatto con gli Stati Uniti?
Ero molto giovane, ma mi sono trovato subito bene. Il problema però è che presto è arrivato il Covid. Vedevo morire tanti conoscenti, il ristorante in cui lavoravo era chiuso, San Francisco è una città molto costosa… Alla fine, la scelta di tornare in Italia fu quasi obbligata. Al rientro In Puglia, poi, ho conosciuto Vincenzo Florio e ho iniziato a lavorare con lui. Ho imparato molto da Vincenzo, sia sull’utilizzo delle farine che sulla scelta di topping gourmet. Ho anche capito il ruolo fondamentale che ha il molino per un pizzaiolo.
La voglia di migliorare come pizzaiolo è poi arrivata frequentando una fiera, il Tuttopizza di Napoli, è vero?
Sì, le fiere sono fondamentali, non solo per i buyer e le aziende, ma anche per i professionisti, che hanno modo di confrontarsi e aprire i propri orizzonti imparando dagli altri.
Come è arrivato, invece, a lavorare negli USA?
È una storia curiosa, perché sono approdato a San Francisco, in California, nel 2019, dopo aver stretto legami online in un gruppo di pizzaioli, prevalentemente napoletani.
Come è stato il primo impatto con gli Stati Uniti?
Ero molto giovane, ma mi sono trovato subito bene. Il problema però è che presto è arrivato il Covid. Vedevo morire tanti conoscenti, il ristorante in cui lavoravo era chiuso, San Francisco è una città molto costosa… Alla fine, la scelta di tornare in Italia fu quasi obbligata. Al rientro In Puglia, poi, ho conosciuto Vincenzo Florio e ho iniziato a lavorare con lui. Ho imparato molto da Vincenzo, sia sull’utilizzo delle farine che sulla scelta di topping gourmet. Ho anche capito il ruolo fondamentale che ha il molino per un pizzaiolo.
Sì, le fiere sono fondamentali, non solo per i buyer e le aziende, ma anche per i professionisti, che hanno modo di confrontarsi e aprire i propri orizzonti imparando dagli altri.
Come è arrivato, invece, a lavorare negli USA?
È una storia curiosa, perché sono approdato a San Francisco, in California, nel 2019, dopo aver stretto legami online in un gruppo di pizzaioli, prevalentemente napoletani.
Come è stato il primo impatto con gli Stati Uniti?
Ero molto giovane, ma mi sono trovato subito bene. Il problema però è che presto è arrivato il Covid. Vedevo morire tanti conoscenti, il ristorante in cui lavoravo era chiuso, San Francisco è una città molto costosa… Alla fine, la scelta di tornare in Italia fu quasi obbligata. Al rientro In Puglia, poi, ho conosciuto Vincenzo Florio e ho iniziato a lavorare con lui. Ho imparato molto da Vincenzo, sia sull’utilizzo delle farine che sulla scelta di topping gourmet. Ho anche capito il ruolo fondamentale che ha il molino per un pizzaiolo.
Quando è tornato in America?
Nel febbraio 2022, quando ho lavorato per Tony’s pizza di Tony Geminiani, persona squisita che ho avuto modo di conoscere. Stiamo parlando di un 15 volte campione del mondo.
Ora lavora sempre a San Francisco per Gold Mirror Restaurant, uno dei più rinomati e antichi locali della città. Com’è il movimento pizza negli USA?
Direi in salute, perché qui ci sono molti pizzaioli italiani, in particolare napoletani, che conoscono il mestiere. In generale, invece, manca uno studio serio sulle farine e le tecniche di panificazione. I pizzaioli locali lavorano molto con farina 00 e impasti diretti, che non vuol dire sbagliare, ma certo gli italiani hanno cominciato da tempo ad apprezzare i fermi macchina, la biga e il poolish, che donano maggiore scioglievolezza, aroma e croccantezza.
Quali sono i gusti dei clienti americani?
Loro amano una pizza croccante, diversa da quella napoletana. Anche io mi sono adeguato, ascoltando i clienti e sfruttando la mia tecnica, senza rinunciare però a proporre qualcosa di nuovo, diverso rispetto a quello a cui sono abituati.
Nel febbraio 2022, quando ho lavorato per Tony’s pizza di Tony Geminiani, persona squisita che ho avuto modo di conoscere. Stiamo parlando di un 15 volte campione del mondo.
Ora lavora sempre a San Francisco per Gold Mirror Restaurant, uno dei più rinomati e antichi locali della città. Com’è il movimento pizza negli USA?
Direi in salute, perché qui ci sono molti pizzaioli italiani, in particolare napoletani, che conoscono il mestiere. In generale, invece, manca uno studio serio sulle farine e le tecniche di panificazione. I pizzaioli locali lavorano molto con farina 00 e impasti diretti, che non vuol dire sbagliare, ma certo gli italiani hanno cominciato da tempo ad apprezzare i fermi macchina, la biga e il poolish, che donano maggiore scioglievolezza, aroma e croccantezza.
Quali sono i gusti dei clienti americani?
Loro amano una pizza croccante, diversa da quella napoletana. Anche io mi sono adeguato, ascoltando i clienti e sfruttando la mia tecnica, senza rinunciare però a proporre qualcosa di nuovo, diverso rispetto a quello a cui sono abituati.
Quando è tornato in America?
Nel febbraio 2022, quando ho lavorato per Tony’s pizza di Tony Geminiani, persona squisita che ho avuto modo di conoscere. Stiamo parlando di un 15 volte campione del mondo.
Ora lavora sempre a San Francisco per Gold Mirror Restaurant, uno dei più rinomati e antichi locali della città. Com’è il movimento pizza negli USA?
Direi in salute, perché qui ci sono molti pizzaioli italiani, in particolare napoletani, che conoscono il mestiere. In generale, invece, manca uno studio serio sulle farine e le tecniche di panificazione. I pizzaioli locali lavorano molto con farina 00 e impasti diretti, che non vuol dire sbagliare, ma certo gli italiani hanno cominciato da tempo ad apprezzare i fermi macchina, la biga e il poolish, che donano maggiore scioglievolezza, aroma e croccantezza.
Quali sono i gusti dei clienti americani?
Loro amano una pizza croccante, diversa da quella napoletana. Anche io mi sono adeguato, ascoltando i clienti e sfruttando la mia tecnica, senza rinunciare però a proporre qualcosa di nuovo, diverso rispetto a quello a cui sono abituati.
Nel febbraio 2022, quando ho lavorato per Tony’s pizza di Tony Geminiani, persona squisita che ho avuto modo di conoscere. Stiamo parlando di un 15 volte campione del mondo.
Ora lavora sempre a San Francisco per Gold Mirror Restaurant, uno dei più rinomati e antichi locali della città. Com’è il movimento pizza negli USA?
Direi in salute, perché qui ci sono molti pizzaioli italiani, in particolare napoletani, che conoscono il mestiere. In generale, invece, manca uno studio serio sulle farine e le tecniche di panificazione. I pizzaioli locali lavorano molto con farina 00 e impasti diretti, che non vuol dire sbagliare, ma certo gli italiani hanno cominciato da tempo ad apprezzare i fermi macchina, la biga e il poolish, che donano maggiore scioglievolezza, aroma e croccantezza.
Quali sono i gusti dei clienti americani?
Loro amano una pizza croccante, diversa da quella napoletana. Anche io mi sono adeguato, ascoltando i clienti e sfruttando la mia tecnica, senza rinunciare però a proporre qualcosa di nuovo, diverso rispetto a quello a cui sono abituati.
Dunque che pizza prepara per loro?
Cuocio a basse temperature, con un’idratazione del 70-75% e facendo un impasto con biga preparato con farine meno raffinate, come la tipo 1 e la tipo 2. Il mio obiettivo è educare la clientela a mangiare una pizza di qualità e quindi aiutarli a capire come si valuta la pizza.
Per quanto riguarda i topping quali sono i più gettonati in USA?
Loro amano pizze molto cariche, piene di formaggio, creme (anche piccanti) e aglio. Io per i miei clienti consiglio invece di partire sempre da una margherita, per assaporare al meglio l’impasto. Poi quando tornano sono liberi di scegliere la pizza che preferiscono. Ma è importante fare cultura.
La sua farina Molino Casillo preferita?
Utilizzo molto l’Aroma. Una tipo 1 che dona un profumo eccezionale anche grazie alla presenza del germe di grano. E poi amo anche la M di tipo 0, molto maneggevole e che al morso fa la differenza.
Cuocio a basse temperature, con un’idratazione del 70-75% e facendo un impasto con biga preparato con farine meno raffinate, come la tipo 1 e la tipo 2. Il mio obiettivo è educare la clientela a mangiare una pizza di qualità e quindi aiutarli a capire come si valuta la pizza.
Per quanto riguarda i topping quali sono i più gettonati in USA?
Loro amano pizze molto cariche, piene di formaggio, creme (anche piccanti) e aglio. Io per i miei clienti consiglio invece di partire sempre da una margherita, per assaporare al meglio l’impasto. Poi quando tornano sono liberi di scegliere la pizza che preferiscono. Ma è importante fare cultura.
La sua farina Molino Casillo preferita?
Utilizzo molto l’Aroma. Una tipo 1 che dona un profumo eccezionale anche grazie alla presenza del germe di grano. E poi amo anche la M di tipo 0, molto maneggevole e che al morso fa la differenza.
Dunque che pizza prepara per loro?
Cuocio a basse temperature, con un’idratazione del 70-75% e facendo un impasto con biga preparato con farine meno raffinate, come la tipo 1 e la tipo 2. Il mio obiettivo è educare la clientela a mangiare una pizza di qualità e quindi aiutarli a capire come si valuta la pizza.
Per quanto riguarda i topping quali sono i più gettonati in USA?
Loro amano pizze molto cariche, piene di formaggio, creme (anche piccanti) e aglio. Io per i miei clienti consiglio invece di partire sempre da una margherita, per assaporare al meglio l’impasto. Poi quando tornano sono liberi di scegliere la pizza che preferiscono. Ma è importante fare cultura.
La sua farina Molino Casillo preferita?
Utilizzo molto l’Aroma. Una tipo 1 che dona un profumo eccezionale anche grazie alla presenza del germe di grano. E poi amo anche la M di tipo 0, molto maneggevole e che al morso fa la differenza.
Cuocio a basse temperature, con un’idratazione del 70-75% e facendo un impasto con biga preparato con farine meno raffinate, come la tipo 1 e la tipo 2. Il mio obiettivo è educare la clientela a mangiare una pizza di qualità e quindi aiutarli a capire come si valuta la pizza.
Per quanto riguarda i topping quali sono i più gettonati in USA?
Loro amano pizze molto cariche, piene di formaggio, creme (anche piccanti) e aglio. Io per i miei clienti consiglio invece di partire sempre da una margherita, per assaporare al meglio l’impasto. Poi quando tornano sono liberi di scegliere la pizza che preferiscono. Ma è importante fare cultura.
La sua farina Molino Casillo preferita?
Utilizzo molto l’Aroma. Una tipo 1 che dona un profumo eccezionale anche grazie alla presenza del germe di grano. E poi amo anche la M di tipo 0, molto maneggevole e che al morso fa la differenza.
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