lunedì, 28 marzo 2022

AMBASSADOR'S WAY: ANDREA FERRI

La salute del movimento pizza in Francia. La classica, la napoletana, gli impasti: un’evoluzione che, dall’Italia, ha cambiato radicalmente anche le pizzerie francese.

Ce ne parla Andrea Ferri: accento livornese smussato da quasi vent’anni di francese provenzale, sorriso aperto e caschetto sale e pepe.

Pizzaiolo, Andrea Ferri ci racconta una carriera che ha preso il volo grazie a un aquilone.
La salute del movimento pizza in Francia. La classica, la napoletana, gli impasti: un’evoluzione che, dall’Italia, ha cambiato radicalmente anche le pizzerie francese.

Ce ne parla Andrea Ferri: accento livornese smussato da quasi vent’anni di francese provenzale, sorriso aperto e caschetto sale e pepe.

Pizzaiolo, Andrea Ferri ci racconta una carriera che ha preso il volo grazie a un aquilone.
Andrea Ferri, nella sua vita il 2005 è un anno spartiacque. Ci racconti il prima…

Ho studiato da tecnico navale, ma non mi divertivo affatto. Poi però i miei genitori avevano una pizzeria e, come si faceva allora e si fa tutt’oggi, iniziai a fare le stagioni. Parliamo degli anni tra il 2000 e il 2002.

Poi, nel 2005, ha scelto di trasferirsi in Francia. Come è andata?

Volevo aprire una mia pizzeria, ma non era facile in Italia. In Francia c’ero stato in vacanza, perché facevo kite surf, e con la mia compagna decidemmo di trasferirci.

Alt, ci levi una curiosità: è vero che il kitesurfing è uno sport complicato?

Complesso, non complicato. È uno sport eccezionale, in cui c’è tanto apprendistato. Non è come andare in bicicletta e devi prima imparare a gestire l’aquilone a terra.
Andrea Ferri, nella sua vita il 2005 è un anno spartiacque. Ci racconti il prima…

Ho studiato da tecnico navale, ma non mi divertivo affatto. Poi però i miei genitori avevano una pizzeria e, come si faceva allora e si fa tutt’oggi, iniziai a fare le stagioni. Parliamo degli anni tra il 2000 e il 2002.

Poi, nel 2005, ha scelto di trasferirsi in Francia. Come è andata?

Volevo aprire una mia pizzeria, ma non era facile in Italia. In Francia c’ero stato in vacanza, perché facevo kite surf, e con la mia compagna decidemmo di trasferirci.

Alt, ci levi una curiosità: è vero che il kitesurfing è uno sport complicato?

Complesso, non complicato. È uno sport eccezionale, in cui c’è tanto apprendistato. Non è come andare in bicicletta e devi prima imparare a gestire l’aquilone a terra.
La sua passione per il kitesurfing ha avuto un ruolo importante nella scelta del luogo in cui si è stabilito in Francia?

Sì, perché quando arrivammo ci stabilimmo a La Franqui, tra Narbonne e Perpignac. Quindi riuscii a unire l’utile al dilettevole, ossia la pizza allo sport.

È là che aprì la prima pizzeria?

Sì, fu la mia prima esperienza. Ma era un lavoro stagionale, perché la località era turistica. Quindi si lavorava da aprile a ottobre, non di più. Di conseguenza ci spostammo in Savoia, a Valloire, vicino al Col Du Galibier.

Salita storica del Tour de France…

Esattamente. Ci passò anche il Giro d’Italia, con la tappa che fu annullata per il gran freddo, nonostante fossimo a fine maggio, inizi di giugno. Ospitammo i membri dello staff, non i corridori, che seguono una dieta molto specifica.

Posti bellissimi, no?

Sì, bellissimi, ma di montagna. Ci rimanemmo dieci anni, ma poi decisi di dedicarmi solo alle consulenze e quindi vendetti i due ristoranti.
La sua passione per il kitesurfing ha avuto un ruolo importante nella scelta del luogo in cui si è stabilito in Francia?

Sì, perché quando arrivammo ci stabilimmo a La Franqui, tra Narbonne e Perpignac. Quindi riuscii a unire l’utile al dilettevole, ossia la pizza allo sport.

È là che aprì la prima pizzeria?

Sì, fu la mia prima esperienza. Ma era un lavoro stagionale, perché la località era turistica. Quindi si lavorava da aprile a ottobre, non di più. Di conseguenza ci spostammo in Savoia, a Valloire, vicino al Col Du Galibier.

Salita storica del Tour de France…

Esattamente. Ci passò anche il Giro d’Italia, con la tappa che fu annullata per il gran freddo, nonostante fossimo a fine maggio, inizi di giugno. Ospitammo i membri dello staff, non i corridori, che seguono una dieta molto specifica.

Posti bellissimi, no?

Sì, bellissimi, ma di montagna. Ci rimanemmo dieci anni, ma poi decisi di dedicarmi solo alle consulenze e quindi vendetti i due ristoranti.
Ora vive ad Aix en Provence, e viaggia molto per lavoro.

Sono spesso lontano da casa. Sono stato in tante città francesi, in Marocco e nelle Dom-Tom, i domini oltremare della Francia come Martinica, Guadalupe e Reunion.

Prima di chiederle del movimento-pizza in Francia, come va in Marocco e nelle Dom-Tom?

Sono due cose a parte. In Martinica, come negli altri domini, le materie prime per la pizza costano di più, ma la pizza in sé è molto migliorata, un po’ come è avvenuto oltralpe. In Marocco, invece, c’è davvero difficoltà nel reperire farine di qualità. Anche tecnicamente sono in fase di crescita, ma meno di quanto è cresciuta in Francia.

Arrivando alla Francia, come era la pizza francese quando lei si è trasferito nel 2005?

Era una pizza piuttosto anonima. Le migliori pizzerie erano italiane, mentre i francesi tendevano a stendere la pizza con il rullo per poi servirla, che so, alle 12, nonostante l’impasto fosse stato fatto alle 10. Mi ricordo poi farciture improbabili, con tuorlo d’uovo e pollo.

Ora, invece, come è il movimento-pizza francese?

Molto in salute. Dal 2005 a oggi, la qualità della pizza è aumentata in Italia, e a ruota anche oltralpe. Ora la si mangia bene un po’ dappertutto, anche perché si è imparato a investire su materie prime di qualità come la farina, che viene importata direttamente dal nostro Paese.

Qual è la pizza più diffusa?

La classica. E per classica intendo quella con il cornicione da circa un centimetro e mezzo. La napoletana, invece, fa da padrone nelle grandi città, in particolare a Parigi, che resta il centro di sviluppo delle nuove tendenze.
Ora vive ad Aix en Provence, e viaggia molto per lavoro.

Sono spesso lontano da casa. Sono stato in tante città francesi, in Marocco e nelle Dom-Tom, i domini oltremare della Francia come Martinica, Guadalupe e Reunion.

Prima di chiederle del movimento-pizza in Francia, come va in Marocco e nelle Dom-Tom?

Sono due cose a parte. In Martinica, come negli altri domini, le materie prime per la pizza costano di più, ma la pizza in sé è molto migliorata, un po’ come è avvenuto oltralpe. In Marocco, invece, c’è davvero difficoltà nel reperire farine di qualità. Anche tecnicamente sono in fase di crescita, ma meno di quanto è cresciuta in Francia.

Arrivando alla Francia, come era la pizza francese quando lei si è trasferito nel 2005?

Era una pizza piuttosto anonima. Le migliori pizzerie erano italiane, mentre i francesi tendevano a stendere la pizza con il rullo per poi servirla, che so, alle 12, nonostante l’impasto fosse stato fatto alle 10. Mi ricordo poi farciture improbabili, con tuorlo d’uovo e pollo.

Ora, invece, come è il movimento-pizza francese?

Molto in salute. Dal 2005 a oggi, la qualità della pizza è aumentata in Italia, e a ruota anche oltralpe. Ora la si mangia bene un po’ dappertutto, anche perché si è imparato a investire su materie prime di qualità come la farina, che viene importata direttamente dal nostro Paese.

Qual è la pizza più diffusa?

La classica. E per classica intendo quella con il cornicione da circa un centimetro e mezzo. La napoletana, invece, fa da padrone nelle grandi città, in particolare a Parigi, che resta il centro di sviluppo delle nuove tendenze.
Anche in Francia la pizza napoletana ha preso piede solo negli ultimi anni?

Direi a partire dal 2019. C’è da dire, poi, che dal 2015 ho notato un grande esodo di pizzaioli italiani verso la Francia, perché qua il lavoro si trova con maggiore facilità e si guadagna di più, nonostante la vita sia più cara.

Ora lei è uno dei tecnici Molino Casillo all’estero. Quali farine professionali per pizza l’hanno colpita?

Parto dalla gamma classica per pizza. Amo molto “La 8”, “La 8 Plus” e “Aroma”. Quest’ultima è quella che preferisco, perché la trovo più versatile e perdona qualche errore.

Prima di arrivare a Origine, quali errori fanno i pizzaioli francesi?

In genere, chi nasce pizzaiolo idrata poco, mentre chi ha un passato nella panificazione, anche minimo, tende a idratare troppo. Il segreto è trovare la giusta misura.

Della gamma di farine super-premium Origine con germe di grano, invece, cosa ne pensa?

Eccezionale. Amo molto la Tipo 2 Media perché sono rimasto esterrefatto dal suo odore. Credo di non averne mai sentito uno simile, nonostante vi assicuro di aver aperto migliaia di pacchi di farina nel corso della mia carriera. Il profumo è quello che si sente al mulino quando si macina. Per quanto riguarda il trattamento, all’inizio temevo un po’ la preparazione, perché sono farine di nuovo processo molitorio, ma poi mi sono accorto che basta comprenderne le caratteristiche. Mi sono quindi sentito a mio agio, e sembra quasi che la farina capisca cosa stai facendo. L’importante è fare attenzione alla temperatura dell’impasto.
Anche in Francia la pizza napoletana ha preso piede solo negli ultimi anni?

Direi a partire dal 2019. C’è da dire, poi, che dal 2015 ho notato un grande esodo di pizzaioli italiani verso la Francia, perché qua il lavoro si trova con maggiore facilità e si guadagna di più, nonostante la vita sia più cara.

Ora lei è uno dei tecnici Molino Casillo all’estero. Quali farine professionali per pizza l’hanno colpita?

Parto dalla gamma classica per pizza. Amo molto “La 8”, “La 8 Plus” e “Aroma”. Quest’ultima è quella che preferisco, perché la trovo più versatile e perdona qualche errore.

Prima di arrivare a Origine, quali errori fanno i pizzaioli francesi?

In genere, chi nasce pizzaiolo idrata poco, mentre chi ha un passato nella panificazione, anche minimo, tende a idratare troppo. Il segreto è trovare la giusta misura.

Della gamma di farine super-premium Origine con germe di grano, invece, cosa ne pensa?

Eccezionale. Amo molto la Tipo 2 Media perché sono rimasto esterrefatto dal suo odore. Credo di non averne mai sentito uno simile, nonostante vi assicuro di aver aperto migliaia di pacchi di farina nel corso della mia carriera. Il profumo è quello che si sente al mulino quando si macina. Per quanto riguarda il trattamento, all’inizio temevo un po’ la preparazione, perché sono farine di nuovo processo molitorio, ma poi mi sono accorto che basta comprenderne le caratteristiche. Mi sono quindi sentito a mio agio, e sembra quasi che la farina capisca cosa stai facendo. L’importante è fare attenzione alla temperatura dell’impasto.

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